IL
PIANETA HA BISOGNO DI TUTTI
George
Monbiot,
The
Guardian, Gran Bretagna
Pubblicato
in italiano su Internazionale numero 954 del 22 giugno 2012
Strangolato
dalla speranza. Questo è il destino di chi ha provato a difendere gli
ecosistemi della Terra. Ogni volta che i governi si riuniscono per discutere la
crisi ambientale ci dicono che è il vertice
dell’ultima spiaggia, l’incontro da cui dipende il futuro del mondo, e che dopo tanti
fallimenti la luce della ragione illuminerà il pianeta.
Sono
tutte balle, e lo sappiamo. Ma speriamo lo stesso, per poi assistere a 190
paesi che discutono per tutta la notte sull’uso del congiuntivo nel paragrafo
286.
Sappiamo
che alla fine del vertice il segretario generale dell’ONU spiegherà in
moltissime lingue che le questioni ancora in sospeso ( cioè tutte ) saranno
affrontate nel prossimo summit.
RIO+20
è solo l’ombra dell’incontro vivace ed ottimista di venti anni fa. Nel 1992 i
leader mondiali riuniti nella città brasiliana ci dissero che nel 2012 i problemi ambientali del pianeta sarebbero
stati risolti.
Invece
abbiamo assistito ad una sequela di incontri, che probabilmente continueranno
finché i delegati non saranno sommersi dalle acque.
La
biosfera che i leader mondiali promisero di proteggere nel 1992 è in condizioni
molto peggiori di 20 anni fa.
Non
è il momento di dire che hanno clamorosamente fallito ?
I
sistemi politici che dovrebbero rappresentare tutta la popolazione creano
governi di milionari, finanziati e manovrati da miliardari.
Gli
ultimi 20 anni sono stati un banchetto per ricchi.
Su
richiesta delle multinazionali e dei miliardari i governi hanno rimosso ogni
legge a tutela dei più deboli.
Chiedere
a questi governi di proteggere la biosfera è come chiedere ad un leone di
mangiare solo gazpacho.
La
crisi ambientale non può essere affrontata dagli emissari dei miliardari.
Va
cambiato il sistema.
Quindi
la lotta per proteggere la biosfera è uguale a quelle per la ridistribuzione,
per la tutela dei diritti dei lavoratori, per lo stato sociale e per l’uguaglianza
di fronte alla legge.
I
grandi movimenti sociali del diciannovesimo e ventesimo secolo però sono
spariti, e hanno lasciato un vuoto.
I
pochi che ancora si ostinano a combattere i poteri arbitrari sono isolati.
Quando poche centinaia di persone si ribellano – come quelle di Occupy – il
resto del paese non fa nulla, spera solo che quei pochi realizzino un
cambiamento che in realtà avrebbe
bisogno del contributo di milioni di persone.
Senza
i movimenti di massa e senza il confronto necessario a rivitalizzare la
democrazia, la politica perde valore. Eppure continuiamo a non mobilitarci. Forse
perché siamo stati troppo spesso sedotti dalla speranza, che con il tempo è
diventata il nostro cappio.
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