martedì 29 maggio 2012

Banca mondiale poco globale

Le Monde, Francia

Barack Obama avrebbe fatto un gesto molto coraggioso affidando la presidenza delle Banca Mondiale al candidato più competente tra quelli in competizione; la ministra nigeriana delle finanze ed ex numero due della banca, Ngozi Okonjo-Iweala. Ma se il presidente degli Stati Uniti, in piena  campagna per le rielezioni, avesse rotto una regola non scritta cha dal 1944 attribuisce questo posto ad uno statunitense e quello del direttore del Fondo Monetario  Internazionale ad un europeo, i suoi avversari repubblicani  lo avrebbero subito accusato di  avere indebolito Washington  sulla scena internazionale.
Così Obama non ha tenuto conto della promessa fatta dal consiglio di amministrazione della banca di una elezione fondata sul merito. E’ vero, il suo candidato, il dottor Jim Yong kim è stato eletto a grande maggioranza  il 16 aprile ( con la complicità degli europei, dei giapponesi, dei coreani e dei canadesi ). Ma nonostante la “ trasparenza” del processo elettorale voluta dai 187 membri della banca, è ancora una volta la nazionalità, e non la competenza, che ha determinato la presidenza della Banca Mondiale. Ed è ancora uno statunitense che  la dirigerà per i prossimi 5 anni.
Tuttavia questi giochi di potere delle potenze occidentali non dureranno a lungo. Per la prima volta  infatti il candidato ha dovuto fare i conti con una concorrenza forte e con dei candidati qualificati – la nigeriana Ngozi Okonjo e l’ex ministro delle finanze colombiane, Josè Antonio Ocampo, che alla fine si è ritirato per favorire la candidatura africana. Per la prima volta la Casa Bianca è stata obbligata ad impegnarsi in trattative serrate ed a cercare un candidato che non fosse né bianco né banchiere né politico né di origini statunitensi. Un fatto significativo è che , anche se nessuno dei candidati ufficiali è nato negli Stati Uniti, tutti e tre hanno studiato nelle università americane: Ocampo a Yale, Ngozi Okonjo e Kim ad Harvard. Insomma si tratta di candidati seri e preparati.
In altre parole gli Stati Uniti, quando non gli conviene , non si impegnano veramente nella globalizzazione. Ma non sono gli unici responsabili di  questi accordi ed ipocrisie, che frenano il progresso verso un governo mondiale libero dagli egoismi degli stati. Anche i paesi emergenti hanno le loro responsabilità. Questi governi che non perdono occasione di gridare allo scandalo per il condomino occidentale sulle due  istituzioni gemelle di Bretton Woods ( Banca mondiale e Fondo monetario ), non sono stati capaci di mettersi d’accordo su un candidato comune nè all’FMI nel 2011 né alla Banca mondiale, quest’anno. Difficile sostenere in queste condizioni delle soluzioni alternative rispetto a quelle dei paesi occidentali sulle questioni monetarie e sui diritti dell’uomo.
La speranza è che il nuovo presidente della Banca Mondiale, Jim Yong Kim, si ricordi di essere nato in Corea del Sud, di essere cresciuto in Nordamerica, di aver lavorato in Perù e di essere abbastanza cittadino del mondo per non dover seguire gli ordini del ministero del tesoro statunitense in materia di sviluppo.

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