Barack Obama avrebbe fatto un gesto molto coraggioso
affidando la presidenza delle Banca Mondiale al candidato più competente tra
quelli in competizione; la ministra nigeriana delle finanze ed ex numero due
della banca, Ngozi Okonjo-Iweala. Ma se il presidente degli Stati Uniti, in
piena campagna per le rielezioni, avesse
rotto una regola non scritta cha dal 1944 attribuisce questo posto ad uno
statunitense e quello del direttore del Fondo Monetario Internazionale ad un europeo, i suoi
avversari repubblicani lo avrebbero
subito accusato di avere indebolito
Washington sulla scena internazionale.
Così Obama non ha tenuto conto della promessa fatta dal
consiglio di amministrazione della banca di una elezione fondata sul merito. E’
vero, il suo candidato, il dottor Jim Yong kim è stato eletto a grande
maggioranza il 16 aprile ( con la
complicità degli europei, dei giapponesi, dei coreani e dei canadesi ). Ma
nonostante la “ trasparenza” del processo elettorale voluta dai 187 membri
della banca, è ancora una volta la nazionalità, e non la competenza, che ha
determinato la presidenza della Banca Mondiale. Ed è ancora uno statunitense
che la dirigerà per i prossimi 5 anni.
Tuttavia questi giochi di potere delle potenze
occidentali non dureranno a lungo. Per la prima volta infatti il candidato ha dovuto fare i conti
con una concorrenza forte e con dei candidati qualificati – la nigeriana Ngozi
Okonjo e l’ex ministro delle finanze colombiane, Josè Antonio Ocampo, che alla
fine si è ritirato per favorire la candidatura africana. Per la prima volta la
Casa Bianca è stata obbligata ad impegnarsi in trattative serrate ed a cercare
un candidato che non fosse né bianco né banchiere né politico né di origini
statunitensi. Un fatto significativo è che , anche se nessuno dei candidati
ufficiali è nato negli Stati Uniti, tutti e tre hanno studiato nelle università
americane: Ocampo a Yale, Ngozi Okonjo e Kim ad Harvard. Insomma si tratta di
candidati seri e preparati.
In altre parole gli Stati Uniti, quando non gli
conviene , non si impegnano veramente nella globalizzazione. Ma non sono gli
unici responsabili di questi accordi ed
ipocrisie, che frenano il progresso verso un governo mondiale libero dagli
egoismi degli stati. Anche i paesi emergenti hanno le loro responsabilità.
Questi governi che non perdono occasione di gridare allo scandalo per il
condomino occidentale sulle due
istituzioni gemelle di Bretton Woods ( Banca mondiale e Fondo monetario
), non sono stati capaci di mettersi d’accordo su un candidato comune nè
all’FMI nel 2011 né alla Banca mondiale, quest’anno. Difficile sostenere in
queste condizioni delle soluzioni alternative rispetto a quelle dei paesi
occidentali sulle questioni monetarie e sui diritti dell’uomo.
La speranza è che il nuovo presidente della Banca
Mondiale, Jim Yong Kim, si ricordi di essere nato in Corea del Sud, di essere
cresciuto in Nordamerica, di aver lavorato in Perù e di essere abbastanza cittadino
del mondo per non dover seguire gli ordini del ministero del tesoro
statunitense in materia di sviluppo.
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